Com’è la vita con gli attacchi di panico?

“L’attesa del piacere è essa stessa il piacere” dice Gotthold Ephraim Lessing, chi soffre di attacchi di panico può parafrasare così: “L’attesa della paura è essa stessa paura”.

Chi soffre di attacchi di panico generalmente sta peggio prima degli attacchi che durante gli attacchi stessi. Un attacco di panico normalmente dura pochi minuti, e mediamente chi ha questo disturbo, anche in maniera severa, ne può avere dai 3 ai 6 ogni settimana, questo vuol dire mezz’ora a settimana, al massimo. Chi soffre di attacchi di panico sa però benissimo che il problema non è quel breve momento (che sembra infinito – lo so) ma tutto quello che si fa per evitare gli attacchi di panico, vivendo nella paura costante che si presenteranno nuovamente: ecco la paura della paura.

Per quanto possa sembrare assurdo il problema più grande degli attacchi di panico è proprio quello che si fa per evitare di averne.

In questo caso si parla di disturbo di attacchi di panico e ci sono persone che soffrono di disturbo di attacchi di panico, anche da 30 anni, e che nella loro vita hanno avuto un unico episodio di panico, che ha poi invalidato tutto il resto della loro vita.

In queste circostanze, la persona organizza tutta la propria vita per evitare gli attacchi di panico e la strategia solitamente preferita è quella dell’evitamento delle situazioni che possono causare un attacco di panico, questo succede soprattutto quando gli attacchi di panico sono in qualche modo prevedibili e magari legati a qualche circostanza esterna (come gli attacchi di panico con agorafobia).  In queste circostanze la persona costruisce una specie di area sicura (a volte chiamata comfort zone) che comprende tutti i luoghi dove riesce a svolgere le sue attività normalmente e questo la fa sentire al sicuro, ma il problema è che quest’area anno dopo anno diventa sempre più ristretta finchè non gli rende impossibile svolgere anche le attività più banali, come guidare, prendere un mezzo pubblico o addirittura andare a fare la spesa o uscire di casa.

La vita di chi soffre di attacchi di panico può essere:

  1. Molto limitata
  2. Molto dipendente
  3. Molto faticosa

Nel primo caso, quello in cui prevale l’evitamento delle situazioni che causano la paura, la persona comincia ad evitare tutto ciò che può ragionevolmente evitare, e spesso si affida a delle razionalizzazioni: “non  mi piace viaggiare, mi piace il posto dove vivo” può nascondere la paura di volare, dei treni o di allontanarsi da casa propria, “quel ristorante non mi piace” può nascondere una claustrofobia, “preferisco fare le scale così resto in forma” (anche se ci sono 20 piani di scale da fare) può nascondere la paura di restare chiusi in ascensore, “preferisco andare in auto che è più comodo” può nascondere la paura dei mezzi pubblici, “ non voglio perdere tempo sul lavoro come quelli che fanno la pausa caffè” può nascondere la paura di andare in luoghi affollati come un bar nell’ora di spacco. Purtroppo quello che succede è che ogni evitamento, sebbene in prima istanza faccia sentire la persona più tranquilla, costruisce, giorno dopo giorno, una paura sempre maggiore delle situazioni evitate, si finisce così per ridurre sempre più il proprio raggio di azione fino, nei casi peggiori, a non riuscire più ad uscire di casa. Questo processo è un processo generalmente molto lento, ma bisogna tener presente che chi soffre di ansia chiede aiuto mediamente 28 anni dopo l’esordio del problema… per cui mi capita di avere pazienti fortemente invalidati dal disturbo di attacchi di panico proprio perché hanno dovuto limitare al massimo la propria vita per tantissimi anni, cosa che, oltre ad ingigantire il disturbo, porta dei pesantissimi effetti in tutte le aree della vita, basti pensare alle amicizie, al lavoro, alle relazioni sentimentali, tutto viene inglobato e rovinato dal disturbo da attacchi di panico.

Molto dipendente.

C’è chi per evitare di avere una vita limitata come nel caso precedente decide di affidare la propria vita ad un’altra (o più) persona. Chi sceglie questa via ha una sorta di ‘angelo custode’ che deve essere sempre presente perché possa fare determinate cose. C’è chi non esce di casa se non c’è il suo angelo custode, chi non guida, chi non va a fare la spesa, chi non prende i mezzi pubblici e così via. L’angelo custode di solito è scelto tra le persone più vicine, può essere un genitore, un figlio, un fratello, ma molto più spesso un partner. Si viene a creare così un rapporto di totale dipendenza che in alcuni casi può sfociare in un disturbo di personalità dipendente. Quando ciò accade la vita della persona dipende completamente dagli altri, non si è in grado di programmare nulla, basta il minimo imprevisto per dover abbandonare i propri propositi, nessuna eccezione è possibile. Le relazioni intime del dipendente sono difficilmente soddisfacenti, ma questo è facilmente spiegabile dal fatto che la relazione viene mantenuta perché è l’unico modo per potersi assicurare l’angelo custode ogni volta che serve. A volte il segreto di un matrimonio che dura 30 anni è un disturbo da attacchi di panico.

Molto faticosa.

Infine c’è chi combatte, combatte tutti i giorni e in tutti i momenti contro la sua paura.

Questa è la categoria meno limitata nello svolgimento delle proprie attività, si tratta di quelle persone che magari vediamo in treno intente a farsi i fatti propri, magari muovendosi tra un vagone e l’altro oppure al contrario parlano con chiunque per distrarsi dalle proprie sensazioni, ma in ogni caso affrontano le situazioni che li spaventano. Purtroppo però questa situazione è molto stressante ed incredibilmente faticosa, un combattimento che dura tutto il giorno e quando finalmente sono di nuovo a casa sono completamente distrutti.

Qualsiasi sia la tua ‘categoria’, la tua soluzione dominante (perché possono essere presenti in varia misura più soluzioni contemporaneamente), si può dire che non stai godendo a pieno della tua vita.

Quando si arriva ad un certo punto si può pensare che non ci sia nulla da fare, anche perché sento molti colleghi dire che bisogna imparare a “gestire” gli attacchi di panico, come se fosse una malattia da cui non si può mai guarire e che quindi va accettata così com’è cercando solo di limitare i danni… per fortuna tutto ciò può invece essere risolto completamente grazie alle più recenti scoperte della psicologia sui temi della paura: dagli attacchi di panico si può guarire definitivamente e anche in tempi brevi.

E se pensi che “l’attesa della guarigione è la guarigione stessa” beh… in questo caso temo che resterai deluso.

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